L'EVOLUZIONE
Nel corso dell'ultimo trentennio, a partire dall'introduzione delle Pay TV, l'universo calcistico è piombato all'interno di un'intricata spirale che ha finito per rendere uno sport in origine popolare, uno sport proletario, un'enorme fabbrica di profitto.
Non che il meccanismo del guadagno fosse totalmente assente in precedenza, lo era forse agli albori, a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, ma è vero, di contro, che nell'ultimo periodo i segnali che dai vertici sono pervenuti agli appassionati non fanno presagire un ritorno al passato.
Anzi, tutt'altro.
Per non essere fagocitate dalla logica travolgente della corsa al profitto, anche squadre di media o piccola fascia sono costrette a guardare verso altri lidi, a sperare che qualche fondo d'investimento saudita le rilevi, e che qualche ricco presidente estero si faccia carico di debiti, deficit e oneri, così da potersi salvare da un crack finanziario che incombe tenebroso all'orizzonte.
Talvolta neanche le grandi classiche del calcio continentale galleggiano in buone acque: si pensi al caso tanto discusso della SuperLega, competizione elitaria ideata ad hoc per generare nuovi introiti nelle casse di quei club che, nonostante il blasone, la storia e l'immagine del proprio brand, fanno fatica a mantenere il proprio bilancio su livelli ragionevoli.
Barcellona, Real Madrid, Juventus, Manchester United sono solo alcune delle società coinvolte nel vortice dell'indebitamento. Esse rappresentano la sola punta di un iceberg assai più profondo e spaventoso, che coinvolge appieno l'intero sistema e che spesso si rivela fatale per alcune realtà che non sono in grado di ottenere sostegno e vigore dal mondo della finanza.