La Primavera Araba
Rabbia, Treccani : "Stato fisiologico di intensa attivazione emotiva associata a forte disapprovazione. Presente nell'uomo sin dalla nascita, è una delle otto emozioni fondamentali".
In una fase oscura e contorta della nostra giovane storia repubblicana, l'Italia ha affrontato numerosi momenti di grave instabilità sociale e politica. Era appena iniziata la stagione del terrorismo, apertasi con l'ondata di proteste sessantottine e inauguratasi con i primi omicidi di matrice politica: la strage di Piazza Fontana aveva dato il là a tutta una sequenza di tragici episodi che avrebbero sciaguratamente caratterizzato un decennio di sangue, trame e misteriosi intrecci.
La critica polarizzazione tra le forze di sinistra istituzionale ed extraparlamentare e la componente della destra eversiva incrementava la preoccupazione internazionale derivante da una possibile espansione dello spettro comunista al di qua della cortina di ferro. Il destino dell'Italia alla fine degli anni Sessanta pareva essere in bilico su di un filo sospeso: il timore che un governo a partecipazione comunista operasse una repentina virata a sinistra si era diffuso rapidamente in ampie frange di un corpus sociale tendenzialmente orientato verso posizioni conservatrici.
In questo clima di incertezza, contestualmente alla proliferazioni di organizzazioni terroristiche riconducibili all'estremismo rosso e nero, si colloca un tentativo, rimasto tale, di colpo di stato ideato per scongiurare definitivamente l'ipotesi di un'Italia a guida comunista.
Tra i protagonisti di spicco di tale complotto sovversivo fu il principe Junio Valerio Borghese, ex comandate della Decima flottiglia MAS dopo l'armistizio del settembre 1943 nonché esponente di rilievo della destra neofascista, a condurre il tentativo di golpe. Secondo la strategia orchestrata dai vertici organizzativi, tra cui si annoveravano membri delle forze armate, della guardia forestale e militanti dei movimenti della destra estrema, si sarebbe dovuto procedere, nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970, con l'occupazione di luoghi di grande rilevanza istituzionale quali il Ministero degli Interni e la sede della Rai. Il tutto, probabilmente, col malcelato benestare di settori deviati dei servizi segreti e, secondo l'infondata ma plausibile opinioni di molti, con il placet della CIA.
Successivamente sarebbero stati arrestati esponenti di spicco della politica italiana con il fine di instaurare, in ultima istanza, un regime autoritario in grado di "restituire stabilità e garantire l'ordine sociale".
Nella capitale, la notte dell'Immacolata, effettivamente si mobilitarono dei gruppi armati. Eppure, per cause difficilmente spiegabili, il golpe non andò a buon fine. In poche ore il piano rientrò e fu dato l'ordine di arrestare immediatamente il tutto. Qualcuno sospettò che la pioggia scrosciante di quella notte avesse irrimediabilmente compromesso i piani eversivi.
Certamente una spiegazione insufficiente.
Fu lo stesso Junio Borghese a rivendicare dopo anni il progetto mancato, accennando ad un mancato appoggio da parte di alcuni ufficiali che avrebbero dovuto aprire il portone del Ministero della Difesa, altro luogo eminentemente simbolico, oltreché indubbiamente strategico, obiettivo del golpe.
Eppure, secondo una tesi molto accreditata sebbene priva di tangibili prove, il dietrofront fu imposto da oltreoceano, dagli Stati Uniti, coinvolti per tramite dei servizi segreti in altri controversi avvenimenti degli anni di piombo. Ad ogni modo, nonostante l'insuccesso, il golpe tentato fu comunque un monito chiaro ed evidente: non sarebbe stato concesso nulla ai comunisti, estromessi dall'area della governabilità, e chi rivolgeva lo sguardo verso l'URSS non avrebbe avuto la possibilità di dare una risolutiva spallata al già complesso quadro politico internazionale.
I forestali tornarono a Cittaducale, gli armamenti al Viminale. Quarantaquattro anni fa nasceva e si concludeva il golpe del Principe Nero, su cui tuttora aleggia una fitta nebbia di mistero e di ambiguità.
-Francesco De Paolis
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