Quel mercoledì scozzese di coppa

11.10.2023

"Frate quest'anno che siamo in Champions la trasferta europea va fatta". Così parlavamo io e il mio socio poco prima del sorteggio dei gironi ad agosto. Qualche ora dopo vediamo: Feyenoord, Atletico, Celtic. L'occhio cade subito su Madrid, città meravigliosa e con una storia calcistica centenaria.

Poi, però, passano i giorni, e tra i nostri discorsi riecheggia sempre di più la frase: "certo che andà a Glasgow…". Esce il calendario, a ottobre si gioca col Celtic. A casa loro. A Celtic Park.
Decidiamo d'istinto di andare, ci facciamo prendere dall'entusiasmo, compriamo i biglietti mentre siamo sul treno per la famigerata trasferta di Napoli già raccontata.

L' ANDATA

4 ottobre, Aeroporto di Ciampino. 7:40 del mattino. A Roma è il periodo dell'ottobrata, di quel clima ancora caldo ma più fresco rispetto ai mesi estivi. La mattina serve quasi il giacchetto leggero, che viene poi riposto nello zaino nel corso della giornata. Nella piazzetta antistante l'entrata ci sono diversi tifosi. Sciarpe, cappelli, biglietti in mano. Si respira un'aria di festa, si viaggia in Europa, nell'Europa che conta, come dicono quelli della televisione.

Festa, sì, ma non da karaoke e bicchieri di spumante. È tutto mischiato con la tensione, con la paura che le coincidenze saltino, con la speranza generale che "vada tutto bene". È festa, però, perché la voglia di arrivare è tanta. Scalo a Bruxelles. Il mio socio si muove per l'aeroporto con le gambe aggiuntive, ogni tanto mi chiede di fermarmi.

Arriviamo quindi al controllo passaporti, i britannici sono usciti dall'UE, regalandoci mezz'ora di fila per le proprie aspirazioni isolazionistiche. Si prende il volo per Edimburgo.  

Una volta in terra scozzese, ci attende un altro controllo dei documenti, stavolta vedendo il ragazzo in difficoltà un impiegato dell'aeroporto ci fa passare davanti a tutti. "Vedi ste stampelle però", mi dice il mio socio.
Ci troviamo quindi faccia a faccia col poliziotto. Prende il documento, lo guarda, ci guarda.
"here for football?" Non sapevo se dirgli o no la verità, avevo il timore potesse creare qualche tipo di problema. Quando si va in trasferta, non si sa mai. Mi prendo una manciata di secondi, e alla fine: "yes". Ci tira un'occhiataccia, e lentamente si tocca il collo. Tira fuori una collanina con lo stemma del Celtic. Penso che la nostra esperienza in terra scozzese sia finita qui.
"Enjoy, but not too much" e ride. Io rido, quasi come a dire "si si come vuoi però aprimi 'sta porta".

 
Passiamo.
 

Fuori dall'aeroporto ci attende un tram che porta fino al centro della capitale. Scendiamo, diluvio. 

Ah, la Scozia.  

Edimburgo, Scozia
Edimburgo, Scozia

Io e il mio socio, ovviamente senza ombrello, camminiamo, lui con le stampelle attento a dove si appoggia, e andiamo verso la stazione dei treni per arrivare finalmente a Glasgow.
Nel viaggio gli insegno a giocare a Tressette. Sono abilità che bisogna possedere, d'altronde.

"Glasgow Queen Strett".

Ci siamo

Prendiamo un uber per andare verso Celtic Park, saremmo andati a piedi assieme al corteo di tifosi, ma l'infortunio del socio non ci permette di fare 35 minuti di passeggiata. L'autista ci lascia davanti al tempio.

Celtic Park
Celtic Park

Ha smesso di piovere, fa freddo, il cielo è grigio. Sono le 17:40 ore locali, siamo in giro da 10 ore, ma sta per iniziare la parte più bella.
Leggiamo sulle varie pagine di stare attenti ai tifosi di casa, promulgatori di un comunicato dal titolo "Lazio vaffanculo".
Sarà per le stampelle, sarà che siamo tranquilli, ma non succede assolutamente nulla. 

Fuori dal settore ospiti, nell'attesa che apra, ci fermiamo a parlare con le forze dell'ordine. C'è chi sta a cavallo, e tutti indossano quel cappello che li fa sembrare dei deficienti. Chiediamo se si vendono le birre all'interno dello stadio. Negativo.
D'altronde, è più sicuro stare a bere dentro ai pub per 4 ore e arrivare allo stadio tutti ubriachi. Il poliziotto non lo dice, ma lascia intendere che funziona così.

Entriamo.  

La vista dal settore ospiti di Celtic Park
La vista dal settore ospiti di Celtic Park

Ad attenderci c'è Celtic Park, deserto. Entrando nello spicchio riservato agli ospiti, mi fa effetto la squadra di steward già schierata, che ci guarda. Tutti in giallo, tutti col cappello.
Il capo ci indica, senza che nessuno glielo avesse chiesto, il nostro posto esatto, e ci intima di non fumare.

Ah, l'ipocrisia dei britannici.


Gli chiedo se posso accendermi almeno quella elettronica. "No, it's forbidden sir!". Lo guardo storto. Nascondo l'Iqos sotto il giacchetto e fumo lo stesso. Con il passare del tempo arrivano i tifosi venuti col corteo, e il settore si riempie. Il resto dello stadio, a mezz'ora dalla partita, è ancora praticamente vuoto.

"Stanno ancora tutti nei pub 'sti scozzesi", dice uno dietro di me. Con un certo sdegno, ad essere sinceri. Condivido lo sdegno. 

Finalmente arriva l'inizio della partita, Celtic Park è pieno, e inizia a farsi sentire. I tifosi biancoverdi srotolano un telo: "Antifascisti, brigata verde". È il minimo, se pensiamo che il comunicato a cui ho fatto riferimento prima recita, testualmente: "rendere l'ambiente ostile alle orde di estrema destra".

Con l'inizio della gara mi accendo un'altra sigaretta, stavolta in serenità. Ormai il settore è pieno, gli steward non mi vedono più.
Durante tutto l'arco della partita un tifoso del Celtic, accanto al settore ospiti, ci provoca. Fa gesti, mima quello che loro chiamerebbero "blowjob", fa vedere la sciarpa con lo scudetto.  

Il destino ha voluto che la partita andasse in un certo modo.

Al goal nei minuti di recupero il mio socio cade per terra, gli si rovesciano addosso le stampelle, io gli chiedo al volo se va tutto bene, poi… Mi sfogo.

Passo tra le persone, e insieme ad altri mi scaglio più vicino possibile al suddetto tifoso, ricambiando tutti i complimenti che ci ha fatto dal primo minuto.

Gli steward ci lasciano fare, capiscono il momento.
Una volta ripresa coscienza, io e il mio socio ci sediamo sui seggiolini, stremati. "Dopo questa credo di dover stare dieci giorni in più fermo" mi dice. E aggiunge "ma sticazzi".

IL RITORNO

All'uscita ci obbligano ad andare col corteo, insistiamo sul fatto che uno di noi zoppica palesemente, ma ci dicono che è meglio così. Il mio socio chiede quanto è previsto di camminata: "one mile". "Ma come one mile!" esclama. Con le stampelle, calcolando che ogni tanto ha bisogno di fermarsi, ci impiegheremo almeno tre quarti d'ora.
Ci dicono che potremmo prendere un taxi ad una fermata del treno più avanti. Dopo 25 minuti buoni di camminata, escluse le pause, arriviamo alla fantomatica stazione. Ovviamente, deserta. Ci sediamo su una panchina, incomincio a chiedere continuamente una corsa su Uber, e dopo diverso tempo arriva l'autista. Si chiama James. 

James ci porta alla stazione dei pullman, passando per le vie di quella che non può che non essere una città industriale, vedo dal finestrino delle persone che si menano fuori da un pub. Forse ci sono laziali, forse sono solo scozzesi ubriachi, non lo so. James tira dritto.

"Ok, we're arrived". Ciao James, grazie. Prendiamo il pullman di mezzanotte per l'aeroporto di Edimburgo, il mio compagno di viaggio si addormenta, io sono tranquillo. Mi sento abbastanza sveglio, credo di riuscire a rimanere lucido fino alla nostra fermata. Poi, però, faccio un errore. Mi appoggio al vetro. 

Mi sveglio con il socio che, ancora non al massimo, mi dice "ao questo è l'aeroporto", io non gli riesco a dare una risposta sensata. Un ragazzo italiano accanto a noi si offre quindi per andare a chiederlo all'autista. "No, no", rassicura. Peccato che il nostro eroe gli avesse chiesto se quella fosse l'ultima fermata, e non se fosse l'aeroporto. Noi ci riprendiamo, "no no questo è l'aeroporto", affermiamo.

Il pullman riparte.

Mi alzo di colpo per andare a pregare l'autista di fermarsi subito, gli spiego che il mio socio non può camminare. Mi risponde, anche con un certo tono, di mettermi seduto, assicurandomi di fermarsi alla prima fermata "utile". 

Ci lascia praticamente in mezzo al niente, stremati, con un infortunato. Inutile stare qui a descrivere le parole che sono volate. Ci mettiamo in cammino verso l'aeroporto, 15 minuti a piedi. Arriviamo, entriamo e ci sediamo da Starbucks. Mangiamo un wrap riscaldato. Ci addormentiamo sulle sedie.

Mi sveglio alle 4 del mattino, il nostro volo è previsto alle 7. Il mio socio mi chiede qualche minuto in più di sonno, lo accontento.
Dopodiché andiamo a fare i controlli, e ci addormentiamo un'altra ora aspettando che esca il Gate. Alle 6 esce, lo raggiungiamo.
Ci mettiamo sulle sedie di fronte al nostro imbarco, ancora chiuso. Ci addormentiamo.
Mi sveglio, per la seconda volta in 5 ore, di soprassalto, dei ragazzi italiani ci sono venuti a chiamare perché il gate sta per chiudere, e loro hanno fatto cenno alle hostess di aspettare che ci svegliassimo. Li ringraziamo, con l'animo di chi ha dormito su delle sedie a più riprese ma cercando di mostrare gratitudine, e ci imbarchiamo nel volo per Bruxelles.

Anche in Belgio ci fermiamo da Starbucks, prendo un caffè. 3.20€.

Passiamo il tempo giocando a tressette, tanto ormai il mio socio ha imparato. Mi batte addirittura.

Volo per Ciampino. Ci addormentiamo.

Siamo a casa.

Ah, i mercoledì di coppa.

All'interno di Celtic Park
All'interno di Celtic Park

-Matteo Fanelli


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