Un legame che si perde

14.11.2024

Un sogno sempre più lontano

Negli ultimi anni è evidente che il rapporto tra tifosi e società calcistiche, soprattutto a livello globale, si sia allentato a causa di gestioni impopolari basate su un modello di scelte che potremmo definire "aziendale." 

Approfondiremo la situazione italiana: parlarne a livello globale porterebbe a un discorso ben più complesso, dovendo includere temi estremamente intricati e delicati, come la questione delle proprietà arabe e le loro implicazioni. Oggi, ai piani alti dei club, prevalgono strategie commerciali, bilanci e logiche di mercato, conseguenze inevitabili rispetto all'evoluzione del calcio nel nuovo millennio. È importante mantenere lucidità e non farsi offuscare dalla nostalgia, senza bollare tutto il progresso come un male da combattere nella speranza di un ritorno a un calcio che non esiste più. Ciò che intendo evidenziare è la necessità di tenere ben saldi i pilastri che rendono questo sport il più bello del mondo e di trovare un modo per farli convivere con il "nuovo" calcio.

I tifosi di calcio non sono paragonabili a quelli di qualsiasi altro sport, sia nei loro aspetti positivi che negativi. Sostenere la propria squadra è una forma di appartenenza che va oltre il risultato e la logica, un legame emotivo che si radica nell'identità e nella tradizione. Tifare una squadra significa sposarne i valori, i colori, e provare emozioni che nessun'altra esperienza può suscitare. Accettando questi presupposti, ciò che ogni tifoso dovrebbe fare è sostenere la propria squadra e i propri colori in tutto e per tutto, qualunque cosa accada. Ma, proprio per i motivi sopraccitati, tifare una squadra è una cosa seria: impegnare il proprio tempo e le proprie energie, spendere soldi e dedicare momenti importanti non sono cose banali. 

Questo aspetto passionale, però, sembra non interessare le nuove proprietà calcistiche, che inviano emissari dall'altra parte del mondo per applicare modelli economici standardizzati, senza considerare storie, legami e tradizioni di ciò che acquistano.

Dan e Ryan Friedkin, i due "patrón" della Roma
Dan e Ryan Friedkin, i due "patrón" della Roma

Spesso, questi "presidenti" – che rappresentano fondi d'investimento – sono chiamati a gestire società di cui conoscono solo l'aspetto economico-amministrativo e finiscono per essere dati in pasto a tifoserie inferocite. Da precisare, però, che l'ultima cosa che questo articolo intende fare è populismo contro il calcio moderno, sia perché non avrebbe alcun senso, sia perché questa è la nuova realtà, e non resta che trovare i migliori modi per accettarla. Alcune realtà, ad esempio, hanno accettato il cambiamento ma sono riuscite a renderlo compatibile con ciò che c'era prima, senza snaturare o distruggere.

L'ECCEZIONE POSITIVA

L'esempio lampante è quello dell'Atalanta: forse non tutti sanno che, nel 2022, la famiglia Percassi ha ceduto il 55% delle quote a un fondo d'investimento americano, il Bain Capital, senza che nessuno se ne accorgesse. Il trucco è proprio questo: investitori americani che portano slancio al mercato italiano ma con una gestione locale e competente. Questo ha portato l'Atalanta a essere il fiore all'occhiello – per non dire l'eccezione – del calcio italiano, con una vittoria europea nel giugno scorso che ha mostrato gli enormi progressi fatti dalla società bergamasca.

IL CASO DI ROMA E MILAN

È però necessario evidenziare quale sia la deriva di questa transizione del calcio moderno. In Italia ne abbiamo due grandi esempi, purtroppo negativi: il Milan e la Roma, infatti, sono in mani straniere da diversi anni e, di tutte le proprietà che si sono succedute, nessuna ha avuto particolare fortuna. Partiamo dalla Capitale. 

La proprietà Friedkin, da quando ha acquisito la società circa quattro anni fa, non è mai riuscita a creare un vero e proprio progetto a lungo termine, riuscendo nell'impresa di portare un trofeo a Roma con Mourinho, ma tornando al punto di partenza al momento del suo esonero.

La gestione Friedkin è sempre stata la stessa: investimenti e deleghe, senza mai mettersi in primo piano con prese di posizioni pubbliche o altro che non fossero comunicati ufficiali. Il punto fondamentale è che la rottura tra proprietà e tifoseria non avviene perché non si gioca la terza finale europea in tre anni, ma perché la società ha abbandonato l'allenatore e la squadra a sé stessi dopo un trattamento quantomeno discutibile nella finale di Budapest. La società non può limitarsi a festeggiare le vittorie, nominare direttori e "burattini" e poi sparire nei momenti di difficoltà, proprio quando l'ambiente ha bisogno di risposte e rassicurazioni. 

Come il tempo ci ha mostrato, senza più un Mourinho che si fa carico di tutto, con tutte le conseguenze del caso, si arriva a Ghisolfi che richiede giustizia per un trattamento arbitrale, in francese. Nulla contro il dirigente transalpino, ma è chiaro che non si possono attribuire scelte a manager che, per quanto competenti, a livello sportivo e ambientale sono totalmente scollegati dalla società che gestiscono. La situazione attuale della Roma appare ormai irreversibile, realizzando forse il peggior scenario dopo le premesse di un mercato estivo scintillante.

Questo discorso può essere applicato anche ai rossoneri, una società totalmente assente, con una dirigenza attuale composta da figure "misteriose": Jerry Cardinale, che si è fatto vedere solo per una smodata esultanza nel noto Genoa-Milan dello scorso anno, e Zlatan Ibrahimovic, che dovrebbe essere il principale dirigente del Milan ma che nessuno ha mai sentito nei numerosi momenti critici di questa stagione.

UN SOGNO SEMPRE PIU' DISTANTE

Accennati i problemi di queste gestioni societarie scellerate, torniamo ai tifosi. Per i tifosi, il calcio è ancora un sogno condiviso, che ha come obiettivo finale portare al puntò più in alto possibile il proprio "vanto", mentre per molte delle attuali proprietà è un business globale, distante dai sentimenti della piazza. Questa divergenza ha trasformato il legame storico tra squadra e tifosi in una relazione formale, dove la voce dei sostenitori sembra sempre più lontana dai piani alti. 

È fondamentale che il sistema calcio, riesca a tenere viva questa connessione emotiva, mantenendo l'equilibrio tra successo economico e quel sogno autentico che anima chi ama i propri colori, al di là dei risultati.

-Paolo Collabolletta


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